DOTT. GIOVANNI MASELLA
Odontoiatria e Protesi Dentaria

FAQ

Fumo e impianti

Esiste una qualche correlazione tra insuccessi in implantologia e l’abitudine al fumo?

“I risultati indicano che la perdita di osso e la profondità delle tasche era significativamente maggiore nei grandi fumatori, per un lungo periodo di esposizione, se comparati con i dati dei moderati fumatori o ad una breve esposizione durante la vita.â€
J.Bergstrom: “Dose-dependent periodontal disease response to tobacco smoking†Europerio 2 Florence-Italy 15-17 maggio ‘97

“Scopo di questo lavoro era di esaminare lo stato dentale di 35, 50, 65 e 75 anni. I fumatori hanno presentato una decisamente maggiore presenza e profondità di tasche, in tutti i gruppi di età, rispetto ai non fumatori. Il numero dei denti sani era inferiore nei fumatori, decisamente maggiore era il numero dei denti estratti, cariati e otturati rispetto ai non fumatori. Si è concluso che il fumo è un importante fattore di rischio per la carie, perdita di denti e perdita di attacco.â€
P.Axelsson, J.Paulander, J.Lindhe: “Relationship between smoking and…†J.Clin. Periodontol. 1998; 25:297-305

“Attualmente i principali fattori predisponenti al fallimento degli impianti sono:
-la scarsa densità ossea
-il fumoâ€
A.Crawford Bain:â€Smoking and implant failure…†Int.J. Oral Maxillofacial Impl. 1996; 11:756-759

“Si sono registrati il 9% di fallimenti in fumatori contro l’1% dei non fumatori, a dispetto del fatto che la buona qualità dell’osso di entrambi i gruppi fosse sovrapponibile. Si può concludere che il fumo è un significativo, anche se non l’unico, importante fattore di fallimento degli impianti prima del loro carico funzionale.”
H.De Bruyn, B.Collaert:â€The effect of smoking…†Clin.Oral Impl. Res. 1995; 5:260-264

Perché il fumo è così dannoso per gli impianti?

Formuliamo una ipotesi: Il fumo orienta verso una struttura ossea più rarefatta.
Le donne che fumano 1 pacchetto di sigarette al giorno durante la loro vita da adulte, alla menopausa presentano una percentuale di deficit osseo dal 5 al 10% rispetto alle non fumatrici.”
J.Hopper,E.Seeman:â€The bone density of female…†N.Engl. J. Medic. 1994;330:387-392

“Su più di 1.200 impianti valutati è stato osservato osso di tipo IV (di scarsa densità) in una percentuale doppia dei casi nei fumatori rispetto ai non fumatori.”
C.A.Bain, P.K.May:â€The influence of smoking on bone…†Int. J. Oral Maxillofacial Impl. 1993; 9:123-128

“416 soggetti, curati per carie all’Università di Washington, sono stati esaminati con radiografie per controllare la perdita verticale ossea in rapporto all’età. I dati hanno dimostrato che il 73.9% dei giovani ed il 100% degli anziani con grave perdita ossea erano fumatori. I dati indicano che il fumo è la prima causa di perdita di osso alveolare, seguita dalla età.”
R.E.Persson, L.G.Hollender, G.R. Persson:â€Assessment of alveolar bone levels from intraoral radiographs. J.Clin.Periodontol. 1998; 25:647-654

“412 pazienti con 1379 impianti sono stati osservati per 5 anni. La percentuale di impianti falliti è stata del:
-4.92 % nei non fumatori contro
-15.06 % nei fumatori.”

“Osso di qualità IV è stato trovato:
-nel 17.6 % dei non fumatori contro
-il 37.9 % nei fumatori”
C.A.Bain, P.K.May:â€The influence of smoking on bone quality and implant failure†Int. J. Oral Maxillofacial Impl. 1993; 9:123-128

Avevamo formulato una ipotesi:
che il fumo orientasse verso una struttura ossea più rarefatta.
Sulla base della letteratura internazionale attualmente disponibile possiamo concludere che:
tale ipotesi corrisponde al vero!

Formuliamo ora una seconda ipotesi:
il fumo potrebbe esercitare una azione dannosa sul sistema immunitario dell’organismo.
La nicotina altera la capacità dei fibroblasti di aderire alle superfici radicolari e determina una alterazione dello status anticorpale contro P. intermedia e il F. nucleatum abbassando il livello serico anticorpale di immunoglobulina G (IgG) verso questi batteri.
N.M.Sforza:â€Abitudine al fumo e malattie parodontali†Dental Cadmos 1996; 12:46-67

“E’ stata studiata la capacità di adesione di fibroblasti del legamento parodontale in rapporto alla presenza di nicotina.
Il grado di inibizione va dal 5% al grado più basso di concentrazione di nicotina (50mg/ml) al 90 % del più alto (250mg/ml), ed era più marcato dal 2° giorno di esposizione.â€
G.G.Poulon, A.Geinoz, G.Cimasoni:â€Nicotine effects of periodontal ligament fibroblasts in vitro Europerio 2 Florence-Italy 15-17 May 97

“Il fumo di sigaretta ha dimostrato di interferire con la vitalità dei polimorfonucleati (PMN) e con la loro capacità di fagocitosi. Gli effetti negativi del tabacco, legati alla persistenza in bocca dei residui tossici, durano da 1 a 3 anni.”
E.B.Kenney:â€The effect of cigarette smoke…â€J.Periodontal Res. 1997; 12:227-234

“In questo studio è stato esaminato l’effetto della nicotina sui fibroblasti del ligamento parodontale per quanto riguarda:”
proliferazione
capacità di attacco
produzione di fosfatasi alcalina
chemiotassi
La proliferazione cellulare viene inibita ad una dose = 100ng/ml. Gli stessi valori inibiscono la capacità di adesione e tale inibizione è ancora evidente dopo 6 ore. Risulta nettamente ridotta la capacità di produrre fosfatasi alcalina. La capacità chemiotassica è già ridotta del 15 % ad una concentrazione di nicotina di 50ng/ml per giungere ad una riduzione del 90 % a 5 ng/ml.”
C.Giannopoulou, A.Geinoz, G.Cimasoni:â€Effects of nicotine on periodontal ligaments…†J.Cli.Periodont. 1999;26:49-55

Avevamo formulato una ipotesi:
che il fumo esercitasse una azione dannosa sul sistema immunitario dell’organismo.
Sulla base della letteratura internazionale attualmente disponibile possiamo concludere che:
tale ipotesi corrisponde al vero !

Formuliamo ora una terza ipotesi: Il fumo danneggia il tessuto osseo e i tessuti molli modificando la circolazione e la microcircolazione ematica.
“La nicotina ha un’azione vasocostrittrice che conduce ad un ridotto apporto di sangue ad una zona in via di guarigione e potrebbe causare occlusioni microvascolari di tipo trombotico con aree di parziale ischemia.”
Y.M.Gonzales:â€Il fumo come fattore di rischio†Dental Cadmos 1997; 5:56-60

“Sembra ragionevole che la ridotta vascolarizzazione dell’osso sia il meccanismo preponderante nel fallimento degli impianti nei fumatori, poiché il flusso ematico osseo già si incrementa con una settimana di sospensione dal fumo.”
A.Crawford:â€Smoking and implant failure…†Int. J. Oral Maxillofacial Impl. 1996; 11:756-759

“Vi è evidenza di modificazioni nella velocità del flusso sanguigno nei distretti periferici dei fumatori. Le variazioni del flusso sanguigno locale sarebbero da imputarsi sia a variazioni ormonali (catecolamine), stimolate dalla nicotina, sia a effetti vasoattivi (vasopressina-neurofisina) sia, infine, a un’azione diretta del fumo in toto sui capillari della mucosa orale.”
S.Cavagna, G.C.Leghissa: “Correlazione tra patologia parodontale, terapia, impianti…†Implantologia Orale 2000;1:38-42

“Un dopler ultrasonico misuratore di flusso è stato usato per controllare la velocità del flusso ematico in 2 gruppi di maschi volontari. Si è concluso che il fumo di una singola sigaretta riduce la velocità di circolazione del sangue, a livello periferico, del 42 %
“Termogramma delle braccia prima e dopo una sigaretta: la nicotina ha rimpicciolito i vasi, il flusso del sangue è diminuito, le braccia a destra sono più fredde.”
Scatti Caldi: Focus, 05/2002

“Questo lavoro ha evidenziato un aumento della temperatura sottogengivale in corrispondenza con l’approfondirsi delle tasche parodontali. Si determina così una diminuzione della temperatura differenziale tra quella presente sottogengiva e quella sottolinguale.”
L.Chamam:â€Effect of smoking…†J.Am. Dental Ass. 1974; 10:1327-28

“Nei fumatori, alla profondità di sondaggio di 2-3-4-5mm, si registra un significativo minore aumento della temperatura nella profondità delle tasche rispetto ai non fumatori”
N.Trikilis, A.Rawlinson, T.F.Walsh:â€Periodontal probing depth and subgingival…†J.Clin.Periodont. 1999; 26:38-43

Avevamo formulato una ipotesi:
che il fumo danneggiasse il tessuto osseo e i tessuti molli modificando la circolazione e la microcircolazione ematica. Sulla base della letteratura internazionale attualmente disponibile possiamo concludere che: tale ipotesi corrisponde al vero!

Branemark suggerisce un protocollo di sospensione dal fumo per 1 settimana prima e per 8 settimane dopo l’intervento chirurgico per posizionare gli impianti.
223 impianti Branemark sono stati messi a 78 pazienti suddivisi in 3 gruppi:non fumatori, fumatori che avevano aderito al protocollo di sospensione, fumatori che hanno continuato a fumare. La percentuale di fallimenti è stata:
-non fumatori: 5.68 %
-fumatori che hanno sospeso: 11.76 %
-fumatori che hanno continuato a fumare: 38.46%
A.B.Crawford:â€Smoking and implant failure…†Int.J.Oral Maxillofacial Impl. 1996; 6:756-759

L'implantologia

Che cos’è l’ implantologia dentale?

L’implantologia dentale consiste nell’inserimento nell’osso mascellare o mandibolare (privo del dente naturale) di pilastri che, una volta integrati nell’osso stesso, potranno supportare un dente artificiale idoneo a svolgere la sua funzione.

Come è fatto un impianto dentale?

I pilastri in titanio sono oggi per lo più cilindrici, di varia lunghezza e diametro per potersi adattare alle diverse configurazioni del segmento d’osso disponibile al loro inserimento.
Sono costruiti in titanio, metallo di larghissimo uso in chirurgia per la sua neutralità biologica che ne assicura l’accettazione dell’ organismo. La loro superficie è trattata in modo da esaltare la possibilità di OSTEOINTEGRAZIONE (ovvero dell’incorporamento totale nella compagine ossea) che in ricerca è stata ben studiata ed accertata grazie alla microscopia elettronica: il RIGETTO in implantologia dentale NON ESISTE, non essendoci alcuna possibilità di reazione immunologica sfavorevole come succede nei trapianti eterologhi (da donatori).

Gli impianti dentali hanno superato negli ultimi anni anche la prova clinica con dei controlli longitudinali sui pazienti sottopostivi che ne hanno assicurato l’affidabilità. Essi devono essere prodotti e confezionati a norma di legge europea e vengono pertanto accompagnati da un certificato che può essere visionato e conservato dal paziente a sua garanzia.
L’implantologia dei dentisti pionieri, che spesso disegnavano e facevano fabbricare in proprio impianti dalle fogge più disparate e con metalli variamente trattati, è definitivamente tramontata e con essa quella larga parte d’insuccessi che influenza ancora negativamente taluni pazienti.
I migliori impianti moderni sono accessoriati con un ricco corredo di connettori al dente artificiale che sorreggeranno, in modo da assicurare oltre che una detergibilità perfetta anche un’estetica ottimale rispetto al contorno gengivale sottostante. Quest’ultimo fattore è determinante per un buon esito dell’intervento nelle zone scoperte dal sorriso.
A seconda delle situazioni e del modello di impianto l’intervento chirurgico vero e proprio può essere effettuato in un solo tempo (lasciando alla fine dell’inserimento endosseo dell’impianto una piccola porzione dello stesso, che poi servirà di connessione al dente, al di fuori della gengiva) o in due tempi, essendo il secondo tempo molto più semplice e breve del primo (una piccola incisione gengivale utilizzata per esporre nel cavo orale la parte più esterna dell’impianto al fine di connetterla ad un dente di porcellana o vetropolimero). Quindi si parla nel primo caso di immersione parziale e nel secondo di immersione totale , sottintendendo che ci si riferisce al tessuto gengivale perché è ovvio che l’immersione endossea c’è sempre e comunque.
Dopo l’intervento chirurgico occorre aspettare un tempo variabile e comunque non superiore a quattro mesi per poter procedere alla protesizzazione ovvero al CARICO IMPLANTARE con un dente artificiale in metalloceramica, in resina oppure in vetropolimero, tutti materiali di elevato valore estetico.
La connessione può avvenire in varie modalità, a seconda del tipo d’impianto, delle necessità del paziente e delle abitudini del protesista e consiste per lo più in avvitamento o cementazione.

Come si inserisce un impianto?

L’impianto è una radice artificiale che sostituisce la radice del dente naturale andata perduta. L’intervento viene eseguito in anestesia locale, e per applicare l’impianto è necessario fare una piccola incisione sulla gengiva, dopodiché viene inserito l’impianto nell’osso e la gengiva richiusa con una sutura al di sopra di esso. L’intervento dura circa 20 minuti per ogni singola radice impiantata e non comporta dolore. Al termine al paziente viene prescritta una cura di antibiotici e antinfiammatori per escludere infezioni e disagi postoperatori. E’ anche possibile eseguire l’intervento con una blanda sedazione, utilizzando il protossido di azoto; questo rende il paziente più tranquillo anche se perfettamente sveglio e collaborante. La rimozione delle strutture chirurgiche avviene dopo circa una settimana dall’intervento. Intervento in due fasi per favorire l’osteointegrazione Secondo quelli che sono i protocolli della chirurgia impiantare a due fasi, dopo un periodo che varia dai 3 ai 6 mesi, a seconda della posizione degli impianti e della qualità ossea, si procede alla seconda fase chirurgica che prevede una piccola incisione sulla gengiva per andare a scoprire l’impianto precedentemente “sepoltoâ€. Viene così rimossa una piccola vite tappo sulla testa dell’impianto ed inserita una nuova che servirà a guidare la corretta guarigione della gengiva. Dopo un’ulteriore periodo di 2-3 settimane si potrà procedere alla presa delle impronte e alla fabbricazione della corona definitiva che sarà costruita in materiale idoneo (ceramica, vetropolimero, resina) a soddisfare le esigenze di funzione ed estetica. Il periodo di attesa tra la prima e la seconda fase chirurgica (3-6 mesi) è necessario per l’osteointegrazione, processo biologico che riguarda la qualità dell’interfaccia che si viene a creare tra radice impiantata e osso. Dall’osteointegrazione dipende la stabilità dell’impianto, si tratta in sostanza dell’adesione dell’osso intorno alle spire dell’impianto.

E’ un intervento difficile?

Contrariamente ad una credenza tuttora comune tra i pazienti odontoiatrici in Italia, nella maggioranza dei casi l‘intervento di implantologia non è difficile né doloroso e costoso e presenta una percentuale di successo molto elevata, non comune in medicina. Viceversa in alcuni casi resi meno facili da motivi che più avanti analizzeremo l’intervento sarà più complesso e per questo meritevole di una attenta considerazione per evitare rischi d’insuccesso.

I vantaggi dell’implantologia dentale sono quindi:

1) Sostituzione del dente o dei denti mancanti in modo funzionale, estetico, duraturo nel tempo e predicibile nel successo.

2) Conservazione dell’integrità dei denti naturali vicini ai denti mancanti che non vengono coinvolti nella protesi.

3) Ricostruzione e conservazione dell’anatomia di osso e gengive delle arree edentule. Fin dall’antichità si è cercato di sostituire gli elementi dentari mancanti mediante l’inserimento nell’osso di radici artificiali che consentissero il sostegno di un dente. L’implantologia meno recente ha utilizzato impianti di forme varie con lo scopo di assicurare sempre maggiore stabilità nelle diverse zone delle ossa mascellari prive di denti: viti, lame, aghi, dischi, griglie, cilindri e costituiti da materiali diversi, secondo quelle che erano le conoscenze del tempo. Oggi, la moderna implantologia, sostenuta da una rigorosa ricerca scientifica, ha dimostrato che la forma più idonea per un impianto è quella che simula la radice di un dente naturale, che presenta delle spire tipo vite sulla sua superficie, per assicurare quella stabilità primaria di tipo meccanico essenziale all’integrazione dell’impianto nell’osso. La ricerca scientifica ha dedicato la sua attenzione non solo al miglioramento della forma degli impianti, ma anche, ed in particolare, ai materiali costituenti e alla superficie che va a contatto con l’osso. L’impianto a vite con forma radicolare può essere di varia lunghezza e diverso diametro per poter utilizzare la maggior quantità di osso disponibile. Il materiale per implantologia oggi utilizzato e accettato dalla comunità scientifica internazionale è il titanio, un biomateriale. I biomateriali utilizzati in campo medico che interagiscono con il sistema biologico (osseo) sono classificati come biotollerati, bioinerti, bioattivi. Biotollerati: presentano tessuto fibroso tra impianto e osso Bioinerti: presentano contatto diretto osso-impianto (es. titanio) Bioattivi: presentano connessione chimico-fisica tra osso e impianto Per l’utilizzazione di un biomateriale in implantologia sono necessarie due condizioni: la biocompatibilità e le caratteristiche meccaniche Il titanio offre sia una buona biocompatibilità, in quanto bioinerte sia un’ottima resistenza al carico e alla corrosione. Negli anni 70-80 gli studi scientifici ci hanno fatto comprendere la relazione intima tra osso e impianto ed è stato coniato il termine osteointegrazione, che sta a significare quel contatto diretto tra osso ricevente e il titanio. La superficie dell’impianto è stato oggetto di studio negli anni ’90 e i ricercatori hanno cercato di dare una risposta alle esigenze di una migliore integrazione tra vari tessuti ossei e superfici implantari. Il risultato è stato quello che gli impianti di titanio con la superficie ruvida, particolarmente trattata e preparata, rispondevano con maggiore successo rispetto a quelli in titanio con superficie liscia, specialmente nell’osso più “tenero†o di qualità inferiore. Tutte queste conoscenze ci consentono di poter affermare che gli impianti dentali possono essere applicati in assenza di “rigettoâ€, in quanto non esiste reazione immunologica avversa, e con grande predicibilità, con successi chirurgici vicini al 100% grazie alle nuove superfici trattate. La moderna implantologia, con l’ausilio di materiali e superfici che riescono ad integrarsi con l’osso anche nelle condizioni meno vantaggiose, permette di risolvere quasi ogni caso di edentulia (mancanza di denti) sia parziale che totale. Tutti, praticamente sono soggetti che possono ricevere impianti. Esistono però delle controindicazioni, ovvero condizioni in cui viene sconsigliata l’implantologia, e queste possono essere assolute o relative, di carattere generale o locale, oppure temporanee o permanenti. La storia clinica, attraverso un questionario sulla salute attuale e remota, darà al medico, o chirurgo implantologo, tutte quelle informazioni per poter indicare o sconsigliare l’implantologia. Devono essere esclusi, temporaneamente, tra i candidati all’implantologia tutti quei pazienti che non hanno una corretta igiene orale, fino a quando non ci sia un effettivo controllo della placca batterica. Devono essere temporaneamente escluse le donne in gravidanza. Devono essere esclusi i pazienti che hanno subito trattamenti radianti nel distretto facciale, quelli con diabete giovanile, quelli in corso di trattamento con farmaci immunosoppressori e anticoagulanti. I pazienti con malattie cardiovascolari e portatori di protesi valvolari devono essere valutati dal cardiologo per il consenso all’implantologia. Ai soggetti forti fumatori viene sconsigliata la chirurgia impiantare. L’osteoporosi è una controindicazione relativa al trattamento d’implantologia, considerata la povera mineralizzazione ossea, e quindi la qualità, che viene valutata da caso a caso. L’età, non è un limite di per sé, se non per gravi malattie sistemiche in atto. Il bambino e l’adolescente, che hanno perduto i propri denti per cause traumatiche o per la loro mancanza fin dalla nascita (agenesia dentale) hanno invece una controindicazione assoluta fino a quando non sia terminata la crescita ossea, che non coincide né con quella anagrafica (18.21) né con quella staturale. La fine della crescita dovrà essere attentamente valutata con specifici esami per poter stabilire la possibilità di ricevere impianti, poiché se si intervenisse precocemente rischieremmo di trovarci con ossa e denti che continuano a crescere e l’impianto, con il dente costruito sopra di esso, che rimane fermo nella sede dove era stato inserito.

L’implantologia ieri e oggi

La perdita dei denti naturali è sempre stato un evento invalidante, sia per la funzione che per l’estetica della bocca; il ripristino prima dell’avvento dell’implantologia dentale era reso possibile solo per mezzo protesi fissate ai denti contigui a quelli mancanti: un intervento demolitivo che ne prevedeva la limatura per accogliere le corone che avrebbero sorretto il dente mancante. Quando numero e qualità dei denti naturali non era favorevole alla costruzione di protesi fisse, la sostituzione dei denti mancanti prevedeva, invece, l’applicazione di protesi mobili parziali o totali. Tali apparecchi oggi vanno scomparendo grazie ai progressi fatti nel campo della prevenzione di carie dentarie e parodontopatie che hanno ridotto la perdita di elementi dentali ma anche per merito dell’implantologia che ne ha permesso la stabile sostituzione, anche nei casi di perdita completa. L’implantologia dentale è una disciplina chirurgica che ha lo scopo di ricostituire gli elementi dentali mancanti attraverso l’inserimento nell’osso mascellare e mandibolare di radici artificiali in materiale metallico, ceramico o sintetico. Con l’avvento dell’implantologia non è stato più necessario coinvolgere denti integri per sostituire denti mancanti, né applicare dentiere o comunque manufatti mobili. L’impianto dentale in qualità di radice artificiale inserita stabilmente nell’osso riesce a sostenere validamente una capsula singola o un ponte, oppure può fare da eccellente ancoraggio ad una dentiera instabile o mal tollerata dal paziente. L’impianto dentale inoltre riproduce quello stimolo funzionale tipico della radice naturale sull’osso, che gli permette di mantenere nel tempo forma e anatomia, evitando perciò il processo di riassorbimento che consegue alla perdita dei denti e che è ancora più marcato sotto la pressione delle dentiere.

Può fallire un dente impiantato?

Dopo quanto suddetto bisogna chiarire i principali motivi per cui un intervento di implantologia è fallibile o addirittura controindicato.

1) Non devono sottoporsi a implantologia pazienti che non siano stati educati con successo ad un elevato tenore di igiene orale domiciliare, né parimenti che non acconsentano ad un controllo professionale cadenzato (attuato dall’ igienista dentale diplomata) della loro igiene. Questo perché la resistenza all’infezione causata dalla placca batterica di un’unità implantoprotesica è molto minore che per un dente naturale essendo diverso il loro relativo apparato di sostegno. La radice di un dente naturale è infatti connessa con l’osso attraverso la mediazione del LIGAMENTO PARODONTALE, assente invece lungo il cilindro di titanio che per l’appunto si osteointegra cioè si raccorda direttamente all’osso. L’osso di sostegno dentale e implantare è particolarmente vulnerabile alle infezioni ma, nel caso degli impianti, viene difeso solo dal manicotto gengivale per la mancanza del legamento parodontale costituito da un resistente tessuto connettivale. Sempre per lo stesso motivo la placca batterica, una volta passata la porta gengivale si propaga rapidamente lungo l’impianto diffondendo l’infezione all’osso più profondo. La biologia della resistenza all’infezione è quindi in linea di principio più sfavorevole, anche se alcune ricerche hanno suggerito che i germi in causa siano diversi per denti e per impianti e che non ci sia correlazione per esempio tra pregressa PIORREA e rischio implantologico. In attesa che la ricerca,molto attiva in questo campo, ci dia risultati più definitivi e sicuri, è lo stesso buon senso comune ad imporre il massimo rispetto igienico di un implantoprotesi.

2) Non devono sottoporsi ad implantologia pazienti affetti da malattie sistemiche, diabete non compensabile con terapia appropriata, disturbi della coagulazione o sottoposti a radioterapia. L’osteoporosi generalizzata non è una controindicazione assoluta perché in realtà la mandibola è per lo più risparmiata da questa patologia. In questi casi l’insuccesso è prevedibile a priori e quindi piuttosto si dovrebbe parlare di impossibilità di successo a livello diagnostico che eviti un sicuro insuccesso operativo.

Quali sono le basi del successo in implantologia

L’implantologia moderna è ampiamente prevedibile; possiamo affermare che siamo in grado di raggiungere il successo nel 96-97% dei casi. E’ importante però rispettare alcuni principi. Diagnosi: effettuare una visita accurata valutando lo stato di salute generale e le condizioni locali. Valutazione ossea locale: verificare se la qualità e la quantità dell’osso è sufficiente per l’inserimento di impianti. Valutazione generale della bocca: indagare se ci sono patologie o malattie in corso o se l’igiene è buona. Valutazione radiologica: analizzare le radiografie per accertarsi della reale qualità e quantità ossea e delle eventuali limitazioni anatomiche o patologie presenti. Chirurgia: operare in sterilità (operatori, paziente, strumentario, ambiente). Chirurgia: effettuare una chirurgia con minima invasività rispetto all’intervento da eseguire e con rispetto dei protocolli consolidati. Materiali: utilizzare impianti che rispondano agli standard di qualità, sicurezza e garanzia. Controlli: richiedere ed effettuare richiami periodici di controllo. Protesi: applicare una protesi su impianti che soddisfi i criteri di occlusione, funzione, estetica e di carico.

Quali sono le cause di insuccesso degli impianti?

Le cause del fallimento sono poche nella moderna implantologia, sempreché l’operatore sia esperto e i materiali idonei, ma ci sono delle condizioni che possono determinare la mancata integrazione dell’impianto all’osso. Le condizioni di rischio sono determinate da fattori anatomici, come ad esempio poco osso che comporta la mancanza di stabilità primaria, o dall’utilizzo di impianti troppo corti. Oppure sono legate a pazienti con osso di scarsa qualità (osteoporosi), o a protesi o denti mal costruiti o incongrui, o ancora alla mancanza d’igiene adeguata del sito implantare da parte del paziente, fattore che nel tempo può compromettere la tenuta dell’impianto. Il successo impiantare è quindi strettamente correlato alla conoscenza della materia ed implica perizia da parte dell’implantologo nel campo biologico, chirurgico, protesico. Lo staff clinico deve essere organizzato in modo da assicurare al paziente: sterilità e preparazione della sala operatoria, assistenza, efficienza chirurgica, richiami di controllo programmati; per questo gli insuccessi possono derivare anche da insufficiente organizzazione. Le cause di insuccesso in implantologia dentale, quando si risponde agli standard di qualità, sono rare e quantificabili secondo la letteratura internazionale a circa 3-4%.

Quanto dura un impianto?

Possiamo definire un successo impiantare quando l’impianto è perfettamente integrato nell’osso e la protesi viene correttamente costruita e rimane stabile e funzionante nel tempo. L’osso di sostegno degli impianti va incontro ad un fisiologico riassorbimento di circa 0,2 mm l’anno. In odontoiatria tutti i successi hanno un termine temporaneo e questo è dovuto ai meccanismi di usura dei manufatti protesici e dei materiali che si trovano all’interno del cavo orale. Quando tutte le condizioni di protesi adeguata, igiene, controllo sono soddisfatte otteniamo e (possiamo prevederlo) un successo impiantare valutabile a 15-20 anni. Questo risultato però deve essere mantenuto con un’ottima igiene per evitare che i batteri della placca vadano a depositarsi intorno all’impianto e determinino sofferenza e perdita dell’osso di sostegno, come del resto succede ai denti naturali. I controlli devono essere periodici nel tempo e valutati dal medico poiché l’impianto, a differenza dei nostri denti, non fa male e quindi i sintomi di eventuali infezioni ed infiammazioni possono passare inosservati e non essere avvertiti dal paziente se non quando diventano importanti. Il controllo quindi serve a preservare e ad allungare la vita di un impianto come quella di un dente naturale.

Varie

Amalgama

La rimozione dell’otturazione in amalgama rappresenta, assieme alla sua originale collocazione, l’evento che più facilmente sottopone il paziente ad una grossa esposizione a vapori di mercurio.
Nel caso specifico il fresaggio della lega metallica con una fresa che ruota ad altissime velocità produce un grosso stimolo di tipo meccanico e, quantomeno sul punto di contatto, una quantità di calore non indifferente.
Questi due fattori congiunti portano ad una grossa liberazione di vapore di mercurio direttamente nella bocca del paziente.
Il vapore è già normalmente la forma di esposizione al mercurio derivante dalle amalgame facilmente assorbibile ed in questo caso più che mai il rischio di assimilazione a livello del letto alveolare diventa importante per il paziente ed anche per l’operatore che respira appena sopra la testa del paziente stesso.
L’assorbimento medio di mercurio derivato dalle otturazioni nella popolazione generale portatrice di un numero medio di amalgame è stato stimato nel 1991 dall’OMS essere pari a 12 ug, con picchi fino a 100 ug. La rimozione dell’otturazione in amalgama fatta senza rispetto di criteri di contenimento delle emissioni facilmente porta a concentrazioni nell’aria pari a 2000 ug/m3 e quindi può essere a tutti gli effetti considerata un evento di intossicazione acuta per il paziente.
Risulta pertanto facile comprendere l’utilità di tutti gli ausili e le tecniche che permettono di ridurre considerevolmente questo livello di esposizione ed è del tutto evidente che questo genere di precauzioni sono rilevanti per tutti i pazienti ed in particolare per quelli che si sospetta manifestino sintomatologie riferibili al mercurio, specie se su base allergica ed immunologia dove la reattività non è dose dipendente. Il professionista che esegue la procedure di rimozione deve considerarsi come un paziente cronico che si fa togliere più amalgame tutti i giorni: Se risulta importante proteggere il paziente, lo è quasi ancor di più proteggere l’operatore ed il suo staff.

1 L’emissione di mercurio è causata dal contatto della fresa con l’otturazione. Minore è il percorso di contatto, minore è l’esposizione.
La classica tecnica di smontaggio totale dell’otturazione per usura è il sistema che porta la fresa in contatto continuo con l’amalgama ed è quindi il più dannoso. Il dentista è portato ad operare così in funzione della grande efficienza del trapano-turbina e di fatto rimane il sistema con cui si smonta qualsiasi altro materiale. Idealmente l’amalgama va disincastonata dal dente senza toccarla o con il minor numero di passaggi possibili nel materiale.

2 Le frese ideali per la rimozione sono sottili e lunghe fiamme in carburo di tungsteno, magari monouso. Le frese diamantate hanno per loro natura un taglio di tipo abrasivo ed un coefficiente di attrito alto. (Attrito = Calore) Il disegno lamellare delle frese in carburo di tungsteno permette un taglio netto con una temperatura di contatto più bassa e quindi minore emissione.

3 Utilizzare strumenti rotanti con basso numero di giri ed alto torque; tendenzialmente è meglio il moltiplicatore anello rosso alla turbina.

4 Aumentare al massimo il raffreddamento della fresa, scegliere manipoli con ugelli multipli e con getti in buone condizioni. Se possibili portare al massimo la portata di acqua ed abbassare la quantità di aria nello spray per evitare di soffiare in giro mercurio. 5 Una volta tagliato il margine periferico dell’otturazione è possibile sganciarla dal dente, che la ritiene meccanicamente e senza adesione chimica, tramite l’uso di piccole leve ed escavatori. Non occorre forzare e bisogna porre attenzione alle pareti sottili del dente.

6 La diga di gomma (foglio di lattice che ricopre la bocca lasciando fuori i soli denti da trattare) è un ausilio sempre importante: contiene eventuali particelle prodotte durante il taglio dell’amalgama, ha un parziale effetto membrana che isola la bocca ed è fondamentale per tutte le procedure di ricostruzione con materiali adesivi, per evitare la contaminazione del dente da parte della saliva. Inoltre aumenta notevolmente la visibilità della zona e facilita la precisione di lavoro. Se esiste un singolo indice che identifica un buon professionista questo è probabilmente il fatto che usi di routine la diga di gomma per le varie procedure odontoiatriche. Attualmente poi sono disponibili fogli di diga non in lattice, completamente impermeabili al mercurio.

7 L’aspirazione è fondamentale!
Risulta del tutto insufficiente l’aspira saliva, deputato unicamente ad evacuare liquidi da una pozza. Per avere un effetto di eliminazione di fumi e vapori serve l’aspirazione chirurgica con cannule larghe (alta portata) ed un buon motore aspirante. Oltre ai tradizionali aspiratori chirurgici monouso (Mai mettere oggetti contaminati da amalgama in autoclave!!) esistono vari tipi di cannule dedicate allo scopo.

8 La ventilazione ed il contenimento della zona di lavoro sono importati tanto per il paziente quanto per lo staff odontoiatrico. Vale il concetto che più vicino alla zona di produzione dei fumi si effettua l’aspirazione ed il ricambio d’aria, minore è la dispersione dei vapori stessi e minore è la quantità di aria da muovere. I vari sistemi di aspirazione ambientale da posizionare attorno al campo operatorio hanno questa ratio e servono per contenere l’emissione di nuvole tossiche.

9 Il paziente e l’operatore possono essere protetti dall’inalazione nasale di vapore di mercurio attraverso vari accorgimenti: mascherine nasali con flusso di aria non contaminata, caschi integrali con filtri, mascherine con filtri al carbonio o ioduri specifici per il vapore di mercurio. Non è chiaro se esista un beneficio ad utilizzare l’ossigeno, che rischia di essere ossidante e facilitare l’assorbimento di mercurio.

10 La fretta è incompatibile con la bonifica delle otturazioni in amalgama. Rimuovere più otturazioni per appuntamento e far trascorrere tempi brevi tra le rimozioni stesse tende a sovrapporre eventuali picchi di esposizione, senza particolari benefici se non quelli della praticità operative. La rimozione di una otturazione al mese rimane l’indicazione più sensata.

“Il rilascio di mercurio da parte delle otturazioni in amalgama è oggi un fatto acquisito e ben documentato, così come ne è dettagliatamente conosciuto il destino biologico all’interno dell’organismo. Le conseguenze dell’intossicazione cronica che ne deriva sono tutt’ora poco comprese e studiate e necessitano di essere approfondite attraverso studi sperimentali ed epidemiologici affidati a specialisti dei diversi settori della medicina. Ulteriori dati sono necessari circa la soggettività genetica della risposta immune ed allergica al mercurio, al fine di poter identificare quei soggetti che, in modo maggiore di altri, risentono dell’impiego dell’amalgama quale materiale da otturazione. Alla luce dei dati scientifici oggi disponibili occorrerebbe iniziare a considerare l’amalgama al pari di un farmaco e quindi dotato, in quanto tale, di controindicazioni ed, inevitabilmente, di effetti collateraliâ€.
(Dr Federico Ronchi – Aspetti tossicologici del micromercurialismo indotto da otturazioni in amalgama)

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Tariffe

Le tariffe applicate nei nostri studi sono il frutto della nostra formazione professionale, della nostra dotazione tecnologica e del rispetto di ben definite norme. Per poter ridurre queste tariffe dovremmo:

• Accorciare drasticamente i tempi di lavoro, a danno della sicurezza e della qualità della prestazione.

• Usare materiali di basso costo e di provenienza non certificata.

• Avvalerci di personale di scarso livello professionale e non aggiornato, o, peggio, farlo lavorare in nero.

• Far realizzare protesi dentarie o apparecchi ortodontici in laboratori odontotecnici che non offrono alcuna garanzia di qualità, né certificazione di conformità alle leggi vigenti.

• Non mettere in pratica rigidamente tutti i protocolli per la sicura sterilizzazione dello strumentario e trascurare le più elementari norme igieniche di disinfezione dei locali, tra un paziente e l’ altro.

• Non migliorare nel tempo la nostra dotazione tecnologica.

• Interrompere il nostro aggiornamento professionale, che prosegue ininterrottamente ormai da 20 anni 
.

Dovremmo quindi “sconfessare†tutti i principi a cui abbiamo improntato la nostra pratica professionale in questi anni.
Il consiglio semmai è quello di verificare attentamente le proposte allettanti che provengono dall’estero o da strutture italiane “pseudo-convenzionateâ€.
Per quanto riguarda le cure all’estero, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di cure di bassissima qualità e non certificate; nei casi migliori presentano tariffe non molto dissimili dalle nostre (una lieve differenza è determinata dal minor costo della vita e dalla differente legislazione di alcuni Paesi).
Riguardo ai tempi proposti, di solito estremamente brevi, la risposta è: pensate che un bravo dentista, a parità di prestazione, non preferirebbe terminare un lavoro in una settimana piuttosto che in due mesi?
Per quanto riguarda infine il fenomeno dei convenzionamenti, Vi segnaliamo che le nostre tariffe sono assimilabili, se non addirittura inferiori, a quelle proposte da alcune “catene†odontoiatriche;
vedere in proposito la tabella “Dentisti low cost: guida alle tariffe migliori†pubblicata su Kataweb.